mercoledì 24 settembre 2008

God save the Queen.


Tra New York e Milano, rivendicando il proprio diritto ad esistere stretta com'è tra i potentati dell'industria della moda, Londra propone la sua personale Fashion Week.
Che, va detto subito, brilla per originalità, capacità di rischiare e di offrire inedite prospettive: di Londra mantiene lo spirito irriverente e bohémien, l'astuta vocazione rivoluzionaria e conservatrice al contempo. Londra è la città di Aquascutum e di sir Paul Smith, interpreti ormai leggendari del coté più tradizionalista ed eminentemente londinese, ma è anche la città della mitica Vivienne Westwood, che ha ancora molto da insegnare anche ai più smaliziati in fatto di provocazioni e ironia. 
Molti giovanissimi stilisti mostrano qui per la prima volta il loro talento, ed è qui che i grandi nomi vengono a curiosare per farsi un'idea su chi potrebbe essere un ideale braccio destro, se non un erede. Qui è il luogo della next big thing, non a caso è qui la Central Saint Martins, la scuola di moda più famosa del mondo.
Certo, Londra è scomoda come una pulce fastidiosa se la si guarda con l'occhio del fashion system più potente e conservatore; la moda che propone pecca irrimediabilmente di poca portabilità, mette sulla passerella suggestioni, idee e provocazioni piuttosto che abiti da indossare. Ma diverte, stuzzica, disturba.
Se di spirito critico si può ancora parlare a proposito della moda, l'unico baluardo rimasto è Londra. Che Dio ce la conservi lungamente e in prosperità.

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