venerdì 10 ottobre 2008

If there is some confusion, who's to blame?


Ci sono dolori che valgono più degli altri? Me lo sono chiesta spesso. Il dolore per la morte o la malattia di una persona cara, è indubbio, è infinitamente più grande se confrontato con il dolore provocato dalla fine di un amore, o da una delusione personale (amici, lavoro, famiglia). Eppure i conti non mi tornano. Non sarà che ciò che davvero cambia è la percezione del dolore?
In questi giorni mi è capitata una cosa spiacevole. Durante un confronto con una persona cara, ho avuto l'impressione che, nel profondo di sé, considerasse quanto mi è avvenuto negli ultimi mesi un qualcosa di poco conto - d'altronde, non ho tutto quello che si può desiderare? Una famiglia splendida, un fidanzato presente e innamorato, sono io stessa innamorata, ho amici che mi vogliono bene, la salute fisica, un relativo benessere economico? Già. Torniamo alla famosa "tabella di marcia" della cara Noemi. Chi ha stabilito i parametri? Perché qualcosa deve essere per forza giusto o sbagliato? In relazione a che cosa, poi?
A quel punto, mi è tornato in mente un passaggio di uno dei miei libri preferiti, "Il Maestro e Margherita". Nello specifico, il passaggio in cui Bulgakov ci introduce la protagonista femminile, Margherita appunto.
"Era bella e intelligente.A ciò bisognava aggiungere ancora una cosa: con sicurezza è possibile affermare che molte donne avrebbero dato qualsiasi cosa pur di cambiare la loro vita con quella di Margherita Nikolaevna. Margherita, trent'anni, senza figli, era la moglie di un noto specialista che aveva persino fatto delle importanti scoperte di portata nazionale. Suo marito era giovane, bello, buono, stimato, e adorava la moglie. Margherita Nikolaevna e il marito occupavano da soli tutta la parte superiore di una splendida palazzina con giardino in uno dei vicoli vicini all'Arbat. Luogo incantevole! Chiunque può convincersene se desidera recarsi in questo giardino. Basta che si rivolga a me, gli darò l'indirizzo, gli mostrerò la strada, la palazzina è intatta ancora oggi.
Margherita Nikolaevna non aveva bisogno di denaro. Margherita Nikolaevna poteva comprare tutto quello che le andava a genio. Tra i conoscenti del marito c'erano persone interessanti. Margherita Nikolaevna non aveva mai toccato i fornelli. Margherita Nikolaevna ignorava gli orrori della vita in un appartamento comune. In una parola... Era felice? Non un solo istante! Dal momento in cui, diciannovenne, s'era sposata ed era andata a finire nella palazzina, non aveva conosciuto la felicità. Oh numi, miei numi! Di cosa aveva mai bisogno questa donna?! Di cosa aveva bisogno questa strega lievemente strabica da un occhio, che quel giorno di primavera s'era ornata di mimosa? Non lo so, è una cosa che ignoro. Evidentemente aveva detto la verità, aveva bisogno di lui, del Maestro, e non della palazzina gotica, e non di un giardino privato, e non di soldi."
Bulgakov non giudica la sua protagonista, ce la racconta con sensibilità, con tenerezza persino. Sarebbe stato un gioco troppo facile, per lui come per chiunque altro, dare addosso alla poveretta, tacciandola di essere viziata, annoiata, in cerca di facili emozioni.
La vita è fatta di infinite sfumature. Ognuno cerca le proprie risposte come crede.
A Margherita mancava l'Amore, quello vero. A me, cosa manca? Poco importa, se non a me. Ciò che importa è riflettere su una semplice verità: la completezza, la perfezione non fanno parte della vita umana. Manca sempre un tassello al nostro puzzle. La differenza tra un essere umano e un altro sta nella capacità di accettare questa verità. Chi ne è capace, per favore, sia tollerante nei confronti di chi ci sta provando, ma non ce la fa. O quantomeno eviti di puntare il dito per evitare che lo sguardo degli altri smascheri le sue, di mancanze.

4 commenti:

noemi ha detto...

Sara, questa tua mi sembra davvero una lezione di umiltà e ti ringrazio per averla scritta. E' vero, lo so per esperienza, che un certo tipo di dolore più "ufficializzato" ci fa sentire più autorizzati a soffrire. Ma questo è un grosso pregiudizio, che va sfatato. La sofferenza psichica, psicologica (scusa la confusione ma le metto insieme) è sofferenza vera, come il male fisico. Sarebbe bene che la nostra società ne tenesse più conto!

Sara Giorgia ha detto...

Dette da te, amica mia, queste parole hanno un valore immenso.

Ti abbraccio.

noemi ha detto...

Grazie Sarina, un grande abbraccio anche a te!!!!!!!!!!!!

Sara Giorgia ha detto...

:)))