giovedì 9 ottobre 2008

Paris is burning.


Difficile parlare di moda quando i tempi sono complessi e drammatici come quello che il mondo occidentale sta dolorosamente vivendo. Eppure è proprio in questi momenti che il bisogno di leggerezza si impone potentemente, a ribadirci la nostra natura di esseri umani capaci sì di grandi errori, ma in grado di regalare bellezza e sogni laddove non sembrerebbe più esserci ragione di sognare. La Fashion Week conclusiva della stagione P/E 2009, in tal senso, è stata il manifesto della capacità incantatoria della moda, della sua teatralità. Perché se è vero che Milano è la capitale indiscussa del pret-à-porter mondiale e del sistema economico che vi ruota attorno, Parigi è da sempre il regno del sogno, delle magie sartoriali, della haute couture. E quest'anno, quasi in contrappasso alla drammaticità del momento, ha regalato sfilate di bellezza assoluta, veri e propri spettacoli di magia, che hanno riconciliato gli scettici con l'idea stessa di Moda
A partire da Giambattista Valli, che con ironia e rigore ha reinterpretato il concetto di femminilità, così moderna eppure così rétro: i suoi gonnelloni anni Cinquanta sono veri capolavori di ingegneria. E che dire di Chanel che, dopo qualche stagione stancamente ripetitiva, ha proposto infinite variazioni sul tema-tailleur accorciando le giacche o aprendole all'altezza dell'ombelico, ha giocato con i tre colori base rosa, nero e bianco, ha reinterpretato poliedricamente uno dei must della maison, il little black dress, e si è permesso di ironizzare sull'idea stessa di shopping bag?
John Galliano ha divertito per l'ennesima volta proponendo una sua personale visione della storia britannica e sorprendendo per lo strepitoso make-up, in cui bambole-cocottes imparruccate e dalla pelle di porcellana rendevano omaggio a The Queen e all'amatissimo (da Galliano) teatro kabuki.
Lo spettacolo si è chiuso con un tris d'assi al suo meglio.
Lanvin, con le sue meraviglie architettonico-sartoriali, ha lavorato sul concetto di less is more ma non in senso minimalista, quanto nel proporre abiti di grande effetto realizzati esclusivamente con cuciture strategiche e semplicissime, tutte giocate su ombre e volumi; Louis Vuitton ha aggiornato il mood chic tipicamente parigino con un viaggio nel tempo e nello spazio, sospeso tra gli Eighties e le suggestioni africane: dopo anni un po' in sordina riecco le protagoniste del marchio, le borse, che, in linea con la tempra aggressiva e femminile delle runway girls, ripropongono i classici simboli della maison in chiave animalier, con tocchi argentei e colorati di grande effetto; e infine Miu Miu, vera sfilata-capolavoro dell'intera stagione. 
Miuccia Prada ha mantenuto la semplicità e se vogliamo la classicità nel taglio di abiti e accessori - con qualche eccezione nelle gonne destrutturate, metà lunghe metà corte, e nei tessuti poveri e laceri di semplici quanto efficaci abiti beige -, ma ha rischiato tutto su suggestioni arty a 360 gradi: dai mosaici greco-romani riproposti su abiti e zeppe, alle sporcature graffiti e action painting su gonne e décolletées, quasi un omaggio al grande Gerhard Richter. Il rischio ha pagato, perché, quasi come per magia, tutte queste influenze suonano armoniche e compiute, appaiono nel posto giusto, quello in cui dovrebbero stare. 
Una lezione di moda che ha chiuso con intelligenza e classe un mese di sfilate denso, divertente, irritante, imbarazzante, ma vivo, volesse il cielo.

3 commenti:

noemi ha detto...

Quante ne sai Sarina?! Mi piace come parli di moda, con competenza, delicatezza e rispetto. E imparo anche qualcosa, data la mi ignoranza in materia...Grazie, continua!!!

Sara Giorgia ha detto...

Grazie amica adorabile! :)
Spero che la mia passione per la materia traspaia anche solo un po'... Mi diverto tanto a parlarne!

Ti voglio bene!

noemi ha detto...

si si traspare traspare...te lo dico io che non ci capisco niente!