martedì 4 novembre 2008

Wall-E.

Lo confesso: sono andata al cinema con un doppio pensiero. Da una parte, l'entusiasmo suscitato in me da trailer e locandine varie, che aveva riesumato quella tenerezza senza parole ormai sopita dai tempi di E.T. 
Dall'altro lato, però, il lacerante sospetto: possibile per la Pixar fare meglio, dopo un capolavoro come Ratatouille?

Le note di Hello Dolly - musical del 1969 con una sfavillante Barbra Streisand - che aprono il film, in contrasto con uno scenario terrestre apocalittico, fuligginoso, deserto e costellato da altissimi grattacieli di immondizia, mi fanno capire che sta per iniziare un film diverso da tutti gli altri. La visione, così realistica nella resa dei dettagli, è un colpo allo stomaco soprattutto perché lungimirante. Ed è qui la chiave del film, il suo messaggio rivoluzionario e mai così adatto ai tempi correnti: questa è la fine che faremo, presi dalle nostre follie, dall'efficienza, dal consumismo, sprezzanti di ogni logica che ci tenga ancorati alle cose veramente importanti.

In Wall-E gli uomini sono ridicoli, obesi, schiavi delle macchine che li servono - in realtà comandandoli -, inebetiti da junk food e pubblicità, letteralmente invertebrati, incapaci di stare eretti, e confinati su una astronave lussuosa che li ospiterà fino a quando sonde appositamente addestrate scopriranno nuove forme di vita sulla Terra ormai sterile.
Ma gli uomini non sono solo questo, o meglio non lo erano, e non è un caso se il robottino Wall-E, unico rimasto sulla Terra a impacchettare piglie infinite di rifiuti, giorno dopo giorno, scopra i sentimenti e la poesia guardando e riguardando quel vecchio vhs con Barbra Streisand.
Le macchine, i robot, in questo film sono più umani degli umani, capaci di innamorarsi, arrabbiarsi, ribellarsi, e la tenera storia d'amore tra il malandato Wall-E e la sfolgorante Eve, sonda mandata in ispezione sulla Terra, è tra le più belle e significative mai viste al cinema. E' dal loro amore, infatti, che l'umanità guadagna una inaspettata seconda possibilità.
Nel vedere questa pellicola mi tornava alla mente un magnifico film con Clive Owen di qualche anno fa, I figli degli uomini, dove, in un futuro non troppo lontano, le donne, ormai diventate completamente sterili, non sono più in grado di garantire la continuità al genere umano. La salvezza è nel grembo di una giovane che, sorprendentemente, rompe questa maledizione e la cui gravidanza viene strenuamente preservata dal granitico Owen. 
Un simile scenario di disastri e rovine e un'analoga disperazione si respirano in Wall-E, ma con la differenza che, laddove nel film di Alfonso Cuarón la salvezza è nelle mani di eroici esseri umani, nel capolavoro Pixar, paradossalmente molto più pessimista, sono le macchine a scuoterli e a riportarli alla vita. 
Ciò basterebbe già a rendere indimenticabile questo film. Ma manca un tassello fondamentale, ciò che lo innalza dal livello di un ottimo film d'animazione a quello di un capolavoro senza tempo.
Ed è la poesia.
Se ne respira a pieni polmoni, seduti sulle comode poltrone del cinema: soprattutto nella prima parte. 
Tanto desolante è il paesaggio terrestre, e tanto spettrale il silenzio che vi regna, intervallato qua e là solo dai rumori di ferraglia del protagonista e dai boati delle tempeste di sabbia (... e dalla musica di Hello Dolly, ça va sans dire!), quanto la corporeità di Wall-E, la sua sensibilità, il suo sguardo (davvero incredibile), la sua generosità spiccano come diamanti in mezzo al fango.
Poetico è il suo custodire gelosamente reperti dell'antica umanità come pupazzi, reggiseni, lampadine, accendini, cubi di Rubik, I-Pod ormai vintage (!!!). Poetica è la sua amicizia con uno scarafaggio, inseparabile compagno di avventure. Poetiche sono le sue umanissime emozioni di fronte all'irresistibile Eve. Poetico è il suo modo di corteggiarla, di inseguirla, di salvarla. Poetico è il suo custodire quella piantina magicamente sopravvissuta all'apocalisse e regalarla a Eve.
E infine, è poesia il dialogo muto e intenso di quella scena meravigliosa in cui Wall-E, stretto all'astronave che riporta Eve alla base, attraversa lo spazio stellare, toccando con il suo braccino sferragliante gli anelli di Saturno che, come polvere di stelle, si muovono nello spazio silenzioso.


2 commenti:

noemi ha detto...

Che meraviglioso robottino. Andrò a vedere il film: ho solo paura di commuovermi troppo...Che bella recensione e scelta di immagini. Continua così, è bello sentirti scrivere di ciò che ti piace e appassiona...

Sara Giorgia ha detto...

:)
Grazie della chiacchierata di stamattina, piccola.
Bacino.